I triatleti rimangono sempre più affascinati da strumenti tecnologici capaci di fornire innumerevoli dati e informazioni. Opportunità che potrebbe rivelarsi controproducente, se non “letta” nel modo giusto.
In un mondo focalizzato sull’estetica e su singole azioni, impegnati nella corsa all’ultimo modello di bicicletta, muta, casco aero o scarpe da running, ci troviamo sempre più “sfuocati” rispetto all’obiettivo: migliorare la propria performance.
Inoltre, la pioggia di informazioni tecniche, blog, articoli, ricerche scientifiche e pubblicità inondano il pubblico di praticanti, che le leggono senza discernere correttamente le une dalle altre.
E ALLORA CHE FARE?
Partiamo da qui: “What gets measured gets improved” – Robin Sharma. Ovvero, quello che puoi misurare puoi migliorare.
Nella mia lunga carriera di coach non c’è mai stato una singola performance che sia stata cambiata in modo importante da una ruota miracolosa o da una bicicletta super performante. Sicuramente alcune piccole cose (marginal gain) insieme possono fare la differenza, ma – vi assicuro – non cambiano radicalmente il risultato.
Il training, attento, scrupoloso, continuo e commisurato con le capacità dell’atleta e la sua disponibilità di tempo possono invece costruire la “top performance”.
La maggior parte del movimento amatoriale ha atleti “undertrained” od “overtrained” e questo perché il programma di allenamento è l’ultima cosa che viene acquistata o peggio è “quello che fa il mio compagno di allenamenti”. Pochi atleti riescono ad allenarsi con equilibrio fra quelle che sono le esigenze familiari, lavorative, amicali e sportive, soprattutto senza terminare le energie psicofisiche o allenarsi a flusso alternato.
IL POTERE DEI DATI
Per fare ciò è necessario che tutti i “giocattoli” che gli atleti acquistano e che tengono spesso in bella vista sul manubrio o al polso siano utilizzati correttamente e i dati degli stessi vengano elaborati e analizzati correttamente per fornire una indicazione utile ai successivi “plan di allenamento”.
La mole di informazioni che “escono” da questi piccoli computer, come gps, power meter ecc. è eccessiva per il singolo atleta. Come fare, quindi? Come salvarsi da questa indigestione di numeri?
Innanzitutto, approcciandosi ai numeri come facciamo ormai con i nostri computer o telefonini: studiandoli e imparando a utilizzarli. In secondo luogo, a seconda della disciplina e del tipo di allenamento, è necessario focalizzarsi sulla potenza, sulla cadenza o sulla frequenza cardiaca.
IMPARIAMO A… LEGGERE
La cosa più importante di questa tipologia di dati è che se li contestualizziamo nel modo sbagliato, perdono completamente di senso. Per esempio: se consideriamo la frequenza cardiaca come dato principale in un allenamento di forza esplosiva di ciclismo da 20, 40 o 60 secondi di sprint, siamo assolutamente fuori strada in quanto la frequenza cardiaca è un dato che è sempre in ritardo rispetto alla richiesta energetica ed è tanto più indicativo quanto l’andatura è prolungata nel tempo e costante.
Viceversa il dato di velocità di corsa al chilometro durante un allenamento di qualità è il più importante parametro da considerare e la frequenza cardiaca è solo un dato secondario che ci può offrire alcune differenti indicazioni.
Spesso mi è stato chiesto: “Perché quando mi alleno con il mio amico, correndo alla medesima velocità, lui ha un numero di battiti più basso del mio? Vuol dire che è più allenato di me?”. Questa è soltanto una “prova” chiara di come si sia in possesso degli strumenti ma non delle basi nozionistiche connesse a essi.
TECNOLOGIA NEL TRIATHLON: SI’ O NO?
Allenarsi a sensazione è una scelta anche molto ambiziosa, ma a mio parere la tecnologia può essere utilizzata non come mezzo limitante bensì come sistema educativo per migliorare la propria sensibilità.
Molti atleti, per riuscire a continuare a fare triathlon senza disinnamorarsi, devono imparare ad allenarsi con cautela e con piacere, senza eccessi e senza interruzioni. Meglio, in periodi di grande stress, ridurre l’attività ma continuare a mantenere educato il proprio corpo. In caso contrario, sarà come un’auto che, stando ferma a lungo, avrà necessità del meccanico prima di ripartire.