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Simone Diamantini

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Triatleti PRO e Age Group possono avere lo stesso coach, ovvio. Allenare un amatore può essere però più complicato… Age Group: fate attenzione a non cadere nel “tabellificio”.

Allenare un atleta elite è un compito impegnativo, carico certamente di entusiasmo, focalizzazione, studio, sperimentazione e molta esperienza. Tutto questo genera, negli anni, una miscela mai uguale a sé stessa.

Non è possibile, in ogni stagione, ripetere pedissequamente, quello che è stato fatto in quelle passate.

Questo per una serie di situazioni:

  • Ogni stagione è a sé e ha delle sue peculiarità che vanno adeguate e interpretate
  • Ogni atleta, anno per anno, è in continua evoluzione e così deve essere anche l’allenamento
  • Ogni atleta ha differenti caratteristiche, ma soprattutto differenti gradi di sviluppo generale (esperienza, capacità prestativa, muscolari e/o metaboliche ecc.).

TRA STIMOLI E TENSIONI

Fare il coach di una atleta che si pone quindi importanti risultati agonistici è un progetto denso di stimoli ma anche di tensione.

Bisogna essere capaci di fare una programmazione tecnica adeguata (con volumi e intensità di allenamento che stimolino ma non che danneggino), una agonistica che non sia eccessivamente partecipata per evitare che l’atleta diventi cannibale di sé stesso (troppe gare) e che poi le gare siano “vincenti”.

Tutto ciò non nascondo sia abbastanza complicato sia per la pressione che l’atleta stesso ha, e con lui l’ambiente intorno, ma anche per l’ambizione di voler raggiungere risultati sempre migliori.

Una cosa però abbastanza semplice in un atleta elite c’è: è la programmazione del suo tempo, la giornata è pressoché a nostra disposizione.

L’atleta ha tutto il tempo necessario per eseguire l’allenamento, il training di prevenzione, massofisioterapia ecc.

SE L’ATLETA È UN AMATORE

Accostiamo la “fotografia” di un atleta elite a quella di un Age Group e chiediamoci quale tra i due è il più complesso da allenare. Spesso per l’immaginario collettivo la risposta è semplice: il professionista. Invece, se il lavoro è fatto con attenzione e professionalità, diventa estremamente difficile seguire un amatore.

Contrariamente a quello che si possa pensare, allenare un Age Group, se lo si fa con etica, senso della misura e prevenzione infortuni, è un lavoro ricco di difficoltà e vincoli.

Ovviamente le maggiori differenze derivano non tanto dalla necessità di una prestazione assoluta importante (in alcuni casi anche), bensì dalla capacità di stimolare l’atleta con allenamenti:

– Vari e diversi
– Adeguati per intensità e volume al livello di esperienza
– Priorità di prevenzione degli infortuni
– Training progressivi
– Allenamenti adatti al tipo di “lavoro” (quello vero) svolto e alle esigenze familiari
– Concordare una programmazione agonistica conforme allo stato di allenamento e alle ambizioni.

ESPERIENZA, ATTENZIONE E LUNGIMIRANZA

Riuscire, con una disponibilità di tempo più limitata, ad allenare un atleta per gare di endurance risulta molto (più) complesso. Stimolare e costruire il volume necessario per partecipare, ad esempio, a un triathlon half o full distance senza poi avere problemi fisici è compito che richiede esperienza, attenzione e lungimiranza.

Ovviamente tutto dipende dal livello del nostro atleta e da quanti anni pratica triathlon. Ma in assoluto può dipendere anche dall’ “ossessione” con il quale si allena per il “goal”.

Spesso sono manager o “professionisti” molto impegnati che iniziano a praticare questo stupendo sport per rilassarsi e poi siccome sono persone ambiziose e agoniste si entusiasmano e iniziano a strafare.

Con questi atleti il nostro compito è primariamente di gestione degli allenamenti e delle quantità che non eccedano nell’overtraining trasformando un piacere in una “malattia”.

La gestione psicologica è un fattore fondamentale tanto quanto lo è per un elite, ovviamente con presupposti e declinazioni differenti.

ATTENZIONE AL “TABELLIFICIO”

A un amatore sarà importante quindi fornire non solamente il piano di allenamento asettico, ma capirne le caratteristiche fisiche e psicologiche in modo tale da intercettarne i momenti di ansia e di stress della vita extra sportiva che, se mal gestiti, conducono spesso a un infortunio.

Per questo rivolgersi ad allenatori che svolgono quello che io definisco “un tabellificio” è un errore madornale. Spesso risparmiare qualche centinaia di euro, che spalmati sulla stagione sono poca cosa, conduce a stasi prestative, problemi fisici e scarsa consapevolezza di cosa si stia facendo.

La non conoscenza del valore della professionalità di un coach, in questo settore, troppo spesso poco valutata e conosciuta, genera una corsa al ribasso sul piano della scelta tecnica.

Ciò non succede per esempio per l’acquisto dei materiali (bicicletta, crono, casco, muta ecc.) per il quale non si bada a spese e si è capaci di percepirne il valore differente.

Un buon tecnico non vende il mero programma di allenamento, bensì un metodo carico di esperienze.

“Un coah esperto è un individuo che conosce quali errori gravi possono essere commessi nel suo campo e sa come evitarli”
Werner Karl Heisenberg

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