Il numero dei chilometri da “preparare” è diverso, ovvio. Nelle gare su distanza sprint e olimpica è permessa la scia, in quelle lunghe no, certo. Siamo però sicuri che le differenze tra un tipo di triathlon e l’altro siano tutte qui? E come queste differenze “pesano” sul modo di allenarsi?
Fare triathlon vuol dire praticare nuoto, ciclismo e corsa. In Italia, purtroppo, ancora oggi, si allena la triplice disciplina pensando e pianificando il training analiticamente, considerando cioè i tre sport singolarmente. In altre parole, il triathlon non ha ancora acquisito la valenza a tutti gli effetti di sport individuale composto da tre fasi.
Se vogliamo però costruire un programma bilanciato di allenamento, dobbiamo tenere ben presente questo concetto, prima ancora di sapere per quale distanza e per quale tipologia di gara ci si sta allenando.
Per i non addetti ai lavori “triathlon” equivale a “Ironman”. Sono in tanti a non conoscere ancora l’ordine in cui si eseguono le tre discipline e a far fatica a distinguere tra gara su distanza olimpica o sprint e gara full distance.
QUALI LE DIFFERENZE?
Intuitivamente è facile capire che una differenza macroscopica sia la durata: un tipo di competizione da un’ora o massimo tre (sprint o olimpico) e una da 5, 9 ore e più (half e full distance). Proprio la differente durata, ossia il numero dei chilometri e le ore di allenamento da affrontare, sembra ai più la maggiore discriminante. Se in parte è vero, dall’altra non ci dice tutto, anzi si rischia di andare “fuori rotta” guardando solo la quantità.
Altre differenze, meno immediate ma molto più importanti, sono evidenti nella frazione di ciclismo. Nel caso della distanza olimpica la bicicletta è classica “da corsa” e la frazione sui pedali è spesso in multilap con veri e propri gruppi, determinati, almeno in fase iniziale, dalla qualità della prova natatoria. La frazione di ciclismo è spesso una vera e propria gara a circuito dove fasi di accelerazione si alternano a momenti più blandi.
In una gara “ironman”, le biciclette sono vere e proprie “specialissime” da cronometro e quindi l’aspetto tattico lascia spazio a una frazione nella quale gli avversari diventano compagni di viaggio e nella quale ognuno deve vincere da solo la resistenza dell’aria per poter primeggiare.
ALLENAMENTO: COSA CAMBIA
Nel triathlon su distanza olimpica o sprint, uno degli obiettivi dell’allenamento di ciclismo è quello di adattare la muscolatura delle gambe a grandi picchi di forza/potenza propri dei cambi di ritmo, rilanci e scatti. Solo adattando il corpo a queste situazioni di gara, da un punto di vista muscolare, si potrà successivamente avere la necessaria capacità per riuscire a correre vicino ai propri tempi di corsa.
Essendo noi “figli della soglia” tendiamo a interpretare ogni allenamento valutando solo l’impatto cardiovascolare, senza considerare quello di natura muscolare specifica. Se i muscoli risulteranno esauriti come capacità contrattile, non servirà avere energia metabolica, i tempi di corsa saranno più lenti e quelli di appoggio molto più lunghi rallentando in modo importante la cadenza.
Se miglioriamo la nostra capacità di forza massimale ed esplosiva, sopporteremo meglio frazioni ciclistiche impegnative, riuscendo così a mantenere, nella corsa finale, una buona cadenza e andatura.
Nel triathlon “no draft”, cioè l’half e il full distance, il focus evidente è la durata, ma la discriminante per poter tagliare il traguardo bene oppure camminare durante la maratona finale è la preparazione della frazione ciclistica, quella frazione che nell’economia di gara dura ampiamente di più.
Contrariamente a quello che succede nel triathlon olimpico, la preparazione in questo caso non si baserà sulla capacità di scatti repentini bensì sulla capacità muscolare di mantenere una tensione costante per molto tempo. Nel ciclismo “no draft” la frequenza di pedalata richiesta è mediamente più bassa (80-85 rpm) a quella che si effettua nel ciclismo su strada (90-95 rpm).
Questo fatto incide criticamente sulla capacità muscolare, che dovrà essere adattata per sostenere questo stimolo non massimale, ma ad “esaurimento prolungato” per molte ore.
In questo caso l’aspetto muscolare specifico e quello metabolico si fondono insieme: entrambi rappresentano parte importante del modello di prestazione del triathlon “no draft”. La posizione in bicicletta e la capacità di lavorare a basse frequenze di pedalata nel tempo aiuterà il nostro atleta ad avere una migliore capacità muscolare e una buona energia nell’off-bike.
IL POWER METER
Il power meter, che qui tratteremo in breve rimandando i dettagli a un prossimo articolo, è lo strumento che permette sia di monitorare l’allenamento sia di valutare il modello di gara una volta scaricati i dati.
Sarà evidente come in una gara di triathlon olimpico i dati più evidenti saranno i continui picchi di potenza ben oltre (a volte doppi o tripli) a quelli identificati in un test di valutazione funzionale a 4mmol o di “soglia anaerobica”. Ciò ci indica che il modello di prestazione del triathlon con scia non sarà focalizzato nel valutare il wattaggio medio prodotto, bensì la capacità di recuperare muscolarmente gli scatti ripetuti nel tempo.
Nelle gare lunghe “no draft” il power meter potrà invece servirci sia in allenamento sia da guida durante la competizione, per evitare i fuori giri. Ovviamente in gara i valori di riferimento saranno costanti e sicuramente più bassi del valore di 4mmol o di “soglia anaerobica”.
Utilizzare il powermeter quindi può risultare molto utile: permette di allenarsi con un parametro di potenza istantanea e, di conseguenza, di regolare e monitorare l’intensità dello sforzo.
Ormai molto diffuso, lo si trova in commercio a prezzi abbastanza abbordabili.