Analizziamo le due metodiche di allenamento in chiave Ironman, rispondendo prima di tutto a una domanda: è solo moda o c’è qualche dato scientifico a riguardo?
Il ciclismo solo negli ultimi 30 anni si è evoluto scientificamente in modo importante. L’avvento degli strumenti di analisi della prestazione hanno aiutato questo sviluppo, in un mondo, come quello delle due ruote, un po’ legato a vecchi schemi tradizionali.
Il triathlon ha sensibilmente (e rapidamente) aiutato e velocizzato questo progresso, sia da un punto di vista biomeccanico, spingendo la ricerca verso direzioni anche contrastanti ma evolutive, sia da un punto di vista meccanico, con lo studio di telai e strumenti sempre più aggiornati.
PERCHE’ ACCONTENTARSI DI METTERSI IN SELLA?
Il ciclismo è quindi una disciplina sportiva in cui gli aspetti della performance sono diversi e tutti possono essere monitorati, influenzati e determinanti ai fini del miglioramento della prestazione.
Oggi vi sono numerosi centri di posizionamento biomeccanico che massimizzano la posizione in sella, altrettanti che effettuano test di valutazione scientifici sulla performance dell’atleta. Ancora poche persone tendono però a considerare un parametro come la frequenza di pedalata, uno “strumento” o una indicazione importante di allenamento.
LA FREQUENZA DI PEDALATA
Quando si parla di frequenza di pedalata il tema non è mai scontato: durante gli ultimi decenni molti scienziati dello sport e ricercatori hanno provato a identificare una possibile relazione tra frequenza di pedalata (rpm) e prestazione, ma molte domande a riguardo sono rimaste inevase o pongono dubbi.
Sembra che l’atleta risponda specificamente alle richieste neuromuscolari e/o metaboliche date dal percorso che sta affrontando (pendenza del percorso). Ciò che si deduce è che la modulazione dello sforzo è estremamente soggettiva e dipende da numerose variabili, dove le stesse sono fattori limitanti della prestazione.
Tra queste:
– Grafico Forza Velocità
– Grafico Potenza Velocità
– Fattori biomeccanici (altezza di sella, posizione scarpe, avanzamento posizione sella rispetto al movimento centrale…)
– Capacità muscolari (fibre rosse o bianche)
– Aspetti neuromuscolari (frequenza, sincronizzazione, reclutamento)
– Capacità aerobica (VO2Peak, VO2max)
CHE COSA E’ LA CADENZA O RPM?
Non esiste una regola ferrea che definisce esattamente ciò che è cadenza alta, bassa o media, quindi si potrebbe sostenere che sono disciplinate e dipendenti dall’atleta. Ma come guida generale:
<70 è bassa cadenza
70-90 è media cadenza
> 90 giri / min è alta cadenza.
COSA CAMBIA NEL MONDO IRONMAN
il mondo Ironman ha trasformato e forse “inquinato” il concetto di frequenza di pedalata. Una volta, la tradizione del ciclismo, quello che è nato e si è formato nei piccoli centri urbani tutti “pane” e due ruote, imponeva un periodo (quello invernale) di allenamento con il cosiddetto rapporto fisso (quello da pista), che oggi è pericoloso utilizzare su strada. Questo continuo pedalare ad alta frequenza di pedalata economizzava e coordinava meglio il gesto a frequenze più basse.
Se questo fattore è molto utile per il ciclista sia giovanile (juniores) sia dilettante o professionista, che percorrono da 600 a 1.200K a settimana, per il triatleta lo è molto meno (o per niente).
Il triatleta, anche professionista, non fa volumi così alti di chilometri, non ha una provenienza ciclistica (in termini di tecnica della pedalata) così valida, e soprattutto la sua gara non si conclude con la fine della frazione ciclistica: dopo, deve correre e possibilmente anche il più forte possibile.
Oggi si è visto che vi sono diverse scuole di pensiero sull’utilizzo di una frequenza di pedalata ottimale per praticare ciclismo. Pochi studi sono concentrati sul mondo Ironman, che resta quindi un terreno ancora troppo basato sull’esperienza e completamente inesplorato da un punto di vista scientifico.
Secondo la mia esperienza il concetto di lavorare su basse frequenze di pedalata su atleti “ironman” è solo un modo pragmatico di procedere. In un quadro complesso come quello di preparare una performance su tre discipline sportive interdipendenti fra loro bisogna curare i particolari, ma è altrettanto necessario non perdere mai di vista il problema “generale”. L’atleta, sia esso amatore o professionista ha un tempo limitato di preparazione.
Si deve quindi essere risoluti: l’allenamento a bassa frequenza di pedalata induce un minore “costo cardiovascolare” con frequenza cardiaca media più bassa rispetto a Rpm più alte e migliora nel tempo il rendimento muscolare (soprattutto su soggetti non ciclisti) permettendo, nella fase di corsa successiva una maggior efficienza.
LA LOW CADENCE
Questa metodica di allenamento prevede di lavorare per la maggior parte del tempo a bassa frequenza di pedalata, anche a 70 rpm in posizione crono. Questo obbligherà il nostro apparato locomotore – quadricipiti, bicipiti femorali, glutei, tricipite surale, lombare, addominale e molti altri muscoli accessori – a lavorare con alti tempi di contrazione.
Nel breve periodo sarà un lavoro molto costoso da un punto di vista energetico e muscolare, ma il fine di questo allenamento è quello di potenziare detta muscolatura, di abbassare la frequenza cardiaca media e, nello stesso tempo, di incrementare la potenza.
Questo modello di lavoro (Low Cadence) risulta ancora più utile per gli atleti che non possono percorrere moltissimi chilometri settimanali, che devono cercare di tenere bassa la frequenza cardiaca ma che soprattutto dopo il ciclismo devono poter correre.
È intuitivo il fatto che se iniziassimo domani ad allenarci con questo modello di riferimento dovremmo procedere per gradi, per adattare tutta la nostra muscolatura a quel gesto specifico.
L’HIGH CADENCE
Molti studi sul ciclismo indicano come un regime di allenamento effettuato ad alta frequenza di pedalata produca effetti migliori. Noi però ci occupiamo di triathlon e soprattutto dobbiamo analizzare non solo la disciplina sportiva singola bensì il triathlon nella sua “interezza”.
Applicare un allenamento sull’alta cadenza di pedalata può avere una sua utilità anche per gli Ironman, ma solo se protratto per poco tempo (1 settimana) e solo come “provocazione” o stimolo totalmente differente soprattutto dal punto di vista neuromuscolare.
Quindi, rimanendo alle esigenze specifiche del nostro sport:
1. Dobbiamo allenare tre discipline, non una, e soprattutto dobbiamo allenarle spesso in sequenza;
2. Le nostre ore di allenamento in bici sono limitate rispetto a quelle a disposizione dei ciclisti su strada;
3. La maggior parte dei triatleti non ha una provenienza ciclistica, quindi bisogna badare più alla performance e meno all’espressione tecnica. Bisogna “essere concreti”.
4. La competizione non si esaurisce solo con la frazione ciclistica ma, dopo, ne inizia una molto più “costosa” da un punto di vista energetico: la corsa.
Quindi se voglio avere una riserva di energia devo cercare di tenere la frequenza cardiaca media più bassa possibile a parità di watt.
IL CONSIGLIO FINALE
Non esiste una ricetta precisa per la performance perché ogni atleta è differente dall’altro e differenti sono le risposte. Sono però convinto che per essere pronti ad affrontare gare no draft la preparazione ciclistica debba essere spostata verso un abbassamento delle rpm, questo farà scendere il costo energetico, dopo un periodo di ovvio adattamento.
Il mondo del ciclismo e della scienza forse storcerà il naso davanti a questa affermazione, ma credo fermamente che spesso tendiamo a “ubriacarci” di scientificità e di informazioni, nell’era di internet, senza badare al concreto.
PER APPROFONDIRE L’ARGOMENTO
Frontiers in Physiology
Low cadence interval training at moderate intensity does not improve cycling performance in highly trained veteran cyclists
Morten Kristoffersen,1,* Hilde Gundersen,1 Stig Leirdal,2 and Vegard V. Iversen1
The effect of low- vs high-cadence interval training on the freely chosen cadence and performance in endurance-trained cyclists.
Whitty AG1,2, Murphy AJ2,3, Coutts AJ2, Watsford ML2.
Effects of high vs. low cadence training on cyclists’ brain cortical activity during exercise.
Ludyga S1, Gronwald T2, Hottenrott K3.
Effects of Cycling Training at Imposed Low Cadences: A Systematic Review.
Hansen EA, Rønnestad BR.
Blog Trisutto
Joef Riels Blog
Quindi il fatto che io abbia la mia zona di comfort a 90-98 rpm ma rendimento basso quando devo buttare giù uno o due denti con conseguente drastico calo di rendimento ( velocità media ) significa che devo inserire l’allenamento Low cadence ?
Si devi iniziare un percorso di allenamento che induca i tuoi arti inferiori a esprimere potenza a rpm più basse. Non lo puoi fare, però, in modo estremo e immediatamente, ma come punto di arrivo. Ovviamente quando cambi qualcosa, il rendimento inizialmente peggiora. Ecco che allora devi pianificare un training che tenga conto di tempi di adattamento e recuperi…
Articolo molto interessante, ma è valido anche per chi effettua gare più brevi con scia ammessa, come sprint e olimpici? Quale cadenza suggerisce come ottimale per questo tipo di sforzo e distanze, in modo da poter adattarsi e interpretare i 5000 finali in maniera rapida? Io per esempio faccio la frazione bike dei 20 km di uno sprit a 95/97 rpm, quella che lei definisce high cadence. Grazie
Ciao no l’indicazione era principalmente per gare “no draft”. Le gare invece dove è ammessa la scia sono a tutti gli effetti delle gare a circuito di ciclismo. Ovviamente è possibile lavorare sulla forza con tratti a low cadence ma la frequenza di pedalata di un triatleta di distanze sprint e olimpiche è prossimo a quello dei ciclisti da strada.